Le Intercettazioni (di Riccardo Mambrini)
- squadsmpd

- 16 set
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Le intercettazioni sono mezzi di ricerca della prova e sono uno strumento incisivo di indagine, non sempre, purtroppo, queste vengono eseguite ed utilizzate nel modo corretto, non mancano casi i cui, per vizi di procedura o di sostanza, tutto il lavoro svolto dalla Procura finisce al macero, vengono effettuate per captare conversazioni private che riguardano soggetti i quali, sulla base di gravi indizi, hanno commesso determinati reati.
Le intercettazioni possono essere di triplice natura, a seconda dello strumento utilizzato per il loro esercizio: telefoniche, telematiche o ambientali.
Le intercettazioni effettuate dalla polizia giudiziaria sono disposte dal giudice per le indagini preliminari (GIP) con decreto motivato, su conforme richiesta del pubblico ministero (PM), in linea generale, per la ricerca delle prove di un reato non si può procedere a intercettazione salvo ricorrano ipotesi specifiche, in particolare, le intercettazioni sono ammesse per indagini riguardanti i reati indicati dagli articoli 266 e 266 bis del codice di procedura penale.
Le intercettazioni non vanno confuse con le registrazioni fatte dal privato cittadino che invece, non sono soggette ad autorizzazioni; ciascuna persona, infatti, è libera di registrare una conversazione intrattenuta con altri soggetti a loro insaputa, i quali non abbiano mai dato il proprio consenso ad essere registrati, a patto che:
- chi registra sia materialmente presente alla conversazione (non deve, cioè, lasciare il registratore e allontanarsi, generando nei presenti la convinzione di non essere ascoltati).
- la registrazione non deve avvenire nel luogo di privata dimora del soggetto registrato.
A questo punto è doveroso aprire una parentesi su cosa la giurisprudenza intenda per privata dimora, cioè, “qualsiasi luogo non pubblico o non destinato a casa di abitazione, ma nel quale la persona si sofferma per compiere, anche in modo contingente e transitorio, atti della sua vita privata, quali manifestazione della sua attività individuale, finalizzati all'esplicazione della vita professionale, culturale e politica rientranti nella larga accezione di libertà domestica (art. 614 c.p.).”
Così che, sulla scia della pregressa giurisprudenza di legittimità (Cass. pen., sez. VI, 7 luglio 2015, n. 49286), nonché della sentenza delle Sezioni Unite, la pronuncia in esame ha confermato che con la nozione di “luogo di privata dimora” deve farsi riferimento a quello ove è possibile per ciascuno esercitare le proprie attività private, liberamente e legittimamente, senza alcuna turbativa da parte di terzi estranei, in tali spazi, sebbene sia necessario garantire i diritti costituzionali alla riservatezza ed alla privacy (art. 14 Cost.), è tuttavia possibile derogare agli stessi attraverso la pratica delle intercettazioni, qualora ciò sia necessario per la prosecuzione delle indagini in materia penale.
Possiamo quindi considerare privata dimora, la propria abitazione o il luogo di domicilio, il proprio ufficio privato (non aperto al pubblico), il retrobottega, una camera d’albergo, un box o garage anche all’interno di un condominio, ovvero tutti quei luoghi quindi, dove l’accesso deve essere espressamente consentito dalla persona che detiene l’uso esclusivo del luogo in quel momento; e la propria automobile?
La Cassazione si è espressa più volte, in maniera discordante, sullo stato giuridico dell’automobile, soprattutto per regolamentare la disciplina delle intercettazioni in auto.
Nel 1987 la Corte Costituzionale, in relazione a una legge della Provincia di Trento sulle perquisizioni dell’autorità amministrativa, ha dichiarato che “il diritto penale vivente considera l'autovettura come luogo di privata dimora, sia pure esposto al pubblico, dal quale il titolare ha il diritto di escludere ogni altro; sicché non può esservi dubbio che tutto questo attenga anche al concetto costituzionalistico di domicilio”.
Nel 2001 (Cass. Pen. 12/03/2001 n. 10095) la suprema Corte cambia rotta definendo la privata dimora come “tendenzialmente costituita da cose immobili”, e, anche se, questo concetto venga esteso a beni mobili, comunque non ricomprenderebbe l'automobile in quanto la sua funzione è “trasferire da un luogo ad un altro cose o persone”, e non dunque ospitare atti di vita privata.
Al contrario, nel 2019, rivedendo le posizioni assunte in precedenza, la Cassazione ha incluso nella definizione di privata dimora anche l’abitacolo dell’autovettura (Cass. Pen. 24/07/2019 n. 33499), in quanto luogo “non aperto al pubblico, né accessibile a terzi senza il consenso del titolare”.
Ebbene, oggi la Corte di Cassazione interviene nuovamente sul tema con la recente sentenza n. 3446 del gennaio 2024.
I Giudici di Legittimità fugano ogni dubbio che possa essere sorto, confermando che l’autovettura non è luogo di privata dimora, con specifico riferimento, peraltro, alla fattispecie di interferenze illecite nella vita privata ex art. 615 bis c.p..
Secondo la Suprema Corte non integra il reato di cui all’art. 615 bis la condotta di colui che installi sull’automobile di un altro soggetto un registratore, un dispositivo GPS od un telefono con impostata la funzione di risposta automatica, in quanto oggetto della tutela di cui al suddetto articolo è la riservatezza della persona in rapporto ai luoghi indicati nell’art. 614 c.p. tra i quali non rientra l’autovettura che si trovi sulla pubblica via; diverso è il caso in cui se, per installare questi dispositivi, si debba raggiungere l’automobile confinata all’interno di uno spazio privato, in questo specifico caso, l’intercettazione non sarebbe considerata valida poiché per effettuarla si è violato il domicilio del soggetto d intercettare.
Interessante è il recente DDL intercettazioni (20 marzo 2025), provvedimento composto da un solo articolo, il quale introduce il limite massimo di durata delle intercettazioni di 45 giorni, salvo che l’assoluta indispensabilità delle operazioni per una durata superiore sia giustificata dall’emergere di elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazione, si legge nel testo. Il limite non si applica, però, se l'intercettazione viene ritenuta necessaria per lo svolgimento delle indagini in relazione ad un delitto di criminalità organizzata o di minaccia col mezzo del telefono, non rientrano nel tetto anche i reati di terrorismo.
Fino ad oggi, secondo l'articolo 267 del codice penale, la durata massima per l'ascolto era di 15 giorni, limite apparentemente più stringente, ma di volta in volta prorogabile, senza limiti di tempo, nel caso che il giudice valutasse opportuno disporre la misura.













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