LA GUARDIA PARTICOLARE GIURATA OGGI: condizione attuale e prospettive future (di Angelo Giardini e Stefano Bassi – Professionisti della Security certificati UNI 10459:2017)
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- 28 ago
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La Guardia Particolare Giurata (di seguito anche G.P.G.), è un incaricato di pubblico servizio (ai sensi del decreto legge 8 aprile 2008 n. 59 - convertito in legge 6 giugno 2008 n. 101 - che ha modificato l'art. 138 del TULPS, anche la G.P.G., che lavori alle dipendenze di un Istituto di Vigilanza privato è qualificabile come "incaricato di pubblico servizio") ed è una figura professionale sempre più richiesta nel panorama dei servizi di vigilanza, dedita alla prevenzione di reati contro il patrimonio e alla protezione di beni mobili ed immobili, pubblici e privati.

Non solo, per gli effetti dell’art. 358 c.p. e come statuito dalla Cassazione (cfr. sentenze n. 10138/1998 e n. 467/1999), ai fini del riconoscimento della qualifica di incaricato di pubblico servizio è richiesto l’esercizio da parte dell’operatore di un minimo di potere discrezionale, che implichi lo svolgimento di mansioni "intellettuali". Per trasposto, alla G.P.G. sono attribuite competenze e prerogative non comuni a qualsiasi esecutore di un servizio e sono richieste azioni non meramente materiali e pratiche, bensì anche l’uso della discrezione in termini operativi e di scelta consapevole (e spesso caratterizzata dall’immediatezza) nell’agire, nonché l’esercizio dell’intelletto, che si concreta nella capacità di discernere, analizzare, determinare le proprie scelte, relazionarsi con figure eterogenee, redigere accurata documentazione di servizio, attendere ai propri compiti con ordine e rigore1.
La regolamentazione è chiara e il Decreto del Ministero dell’Interno del 1° dicembre 2010 n. 269 e ss.mm.ii., fissa i paletti entro i quali gli Istituti di Vigilanza debbono e possono muoversi, per la salvaguardia del bene patrimoniale, impiegando le proprie G.P.G. in svariati ambiti operativi quali vigilanza fissa armata presso obiettivi sensibili e sedi istituzionali, porti, aeroporti, stazioni ferroviarie e metropolitane, attività di pattugliamento e intervento su allarme, telesoccorso, televigilanza e telesorveglianza, trasporto e custodia valori, ecc.
Ambiti operativi che dalla protezione patrimoniale si estendono, in via mediata, ma giocoforza automatica, alla protezione delle persone. Si pensi alle attività denominate di sicurezza sussidiaria esercitate presso infrastrutture critiche (cfr. anche D.M. 154/2009 e norma UNI 10891:2022) in cui, oltre al presidio del sito, sono svolte attività di antiterrorismo, controllo bagagli, controllo titoli abilitativi, ecc. o, ancora, al caldeggiato impiego delle G.P.G. nella prevenzione e controllo della criminalità in ambito urbano, realizzando il concetto di SICUREZZA INTEGRATA, basata su di una forte sinergia con le Forze dell’Ordine, contesto in cui agli Istituti di Vigilanza sono affidate le attività di prevenzione, mediante servizi di presidio e pattugliamento, e alla FF.OO. quelle di intervento su chiamata (spesso da parte delle Centrali Operative degli Istituti di Vigilanza notiziate dagli operatori in servizio sul territorio) e, ovviamente, di mantenimento dell’ordine pubblico e polizia giudiziaria.
Queste funzioni e orizzonti operativi, innalzano da un lato il valore della professione e impongono l’impiego di risorse idonee, formate, addestrate e responsabilizzate; dall’altro, dovrebbero essere di sprono e forte motivazione per il singolo operatore, che si percepisce così parte attiva dei processi di security privata e pubblica sicurezza, affiancato agli operatori di Stato.
Nonostante la vasta gamma di impiego delle G.P.G., la presenza di norme, regolamenti, certificazioni e quanto altro previsto per poter svolgere adeguatamente i compiti affidati, la G.P.G. vive, da troppo tempo, un momento di scarsa considerazione e riconoscimento, per le principali motivazioni che seguono:
· retribuzione mensile “bassa”, rispetto agli effettivi impegni e ai rischi connessi all’attività svolta;
· “turnazioni pesanti” che, a lungo andare, fanno scemare la volontà di mantenere il posto di lavoro;
· ricambio generazionale, da rivedere e motivare, in termini di interesse e partecipazione alle politiche degli Istituti di Vigilanza;
· scarsa preparazione delle aspiranti G.P.G. prima dell’immissione in servizio, si pensi ad esempio a quanto concernente l’uso delle armi, all’attività di pattuglia solitaria, ai servizi notturni, ecc. con conseguente esposizione a rischi, assunzione e accettazione degli stessi, sia da parte degli interessati (ignari), che da parte degli Istituti di Vigilanza (consapevoli);
· scarso rispetto della funzione e assenza di percezione del valore della professione da parte di Istituzioni, aziende e collettività, in aggiunta alle pregiudizievoli condizioni di cui ai punti che precedono; ciò comporta fenomenologie di disaffezione dal lavoro, di burnout (esaurimento psico-fisico da stress lavorativo), boreout (insoddisfazione e non realizzazione nel lavoro, a prescindere anche dagli aspetti economici dello stesso) e quiet quitting (disinteresse per il lavoro, che si traduce nel fare il minimo necessario per l’adempimento degli obblighi derivanti dal contratto di lavoro).
Una delle soluzioni che può, almeno in parte, “limitare” i danni di un LOOP incontrollabile, al quale siamo oramai abituati, è quella di procedere con un’attenta SELEZIONE di figure che abbiano le giuste caratteristiche fisiche e mentali, pronte ad affrontare con passione e dedizione il lavoro, FORMARE adeguatamente le aspiranti G.P.G., permettendo loro di presentarsi a “colloquio” con gli Istituti di Vigilanza, avendo le carte in regola per una SICURA E PROFICUA IMMISSIONE IN SERVIZIO.
Questa è la prima fase, che deve essere necessariamente accompagnata da una seconda, parimenti fondamentale, che richiede agli Istituti di Vigilanza di attivarsi con comportamenti virtuosi che non abbiano il solo fine di “tappare il buco”, bensì di fare crescere l’addetto/a, valorizzandone le capacità, facendolo/a sentire parte integrante dell’organizzazione, quale vero “BIGLIETTO DA VISITA” dell’azienda per la quale lavora e proiezione della stessa verso l’esterno.
In questa situazione, gli Istituti di Vigilanza, così come imprese e Istituzioni che si avvalgono dei servizi di security mediante G.P.G., ben dovrebbero tenere presente che la qualità dell’operato di queste ultime, così come il loro ordine, cura della divisa, modalità relazionali, attitudine, mindfulness, prontezza, ecc., hanno un significativo impatto di immagine e sulla REPUTAZIONE dell’organizzazione. Un reclamo di un utente presso un aeroporto oppure un centro commerciale, una non conformità rilevata da un cliente che si avvale della pattuglia notturna e via dicendo, possono comportare danni indiretti e consequenziali per l’Istituto che eroga i servizi, così come per l’organizzazione che ne fruisce, a causa della percezione da parte dei portatori di interesse di inaffidabilità, inconsistenza, inefficacia, inidoneità, ecc. del personale in servizio.
Ricordiamoci che la creazione, la commercializzazione e l’immissione sul mercato di un qualsivoglia prodotto/servizio, segue delle precise regole di marketing e anche gli Istituti di Vigilanza, essendo anch’esse delle imprese commerciali, non possono sottrarsi a queste, dovendo pertanto valorizzare nel migliore dei modi il loro PRODOTTO FINITO: LA GUARDIA PARTICOLARE GIURATA.
Detto ciò, occorre costruire sulla situazione attuale un’azione sinergica, effettuare perciò un’opera di ricostruzione e contrastare così fattivamente la decostruzione della professione, dove la DOMANDA e l’OFFERTA si incontrino, ma su basi nuove e aggiornate, al passo con i tempi, che vedano preservati il LAVORO, la VITA PRIVATA e la PASSIONE, elementi che debbono necessariamente incastrarsi gli uni con gli altri, altrimenti non ci si può lamentare se non si riescono a trovare figure che vogliono affrontare la sfida e non ci si può stupire se le G.P.G. in forza vogliono cambiare direzione di vita partendo proprio dal cambio di posto di lavoro.
Alle necessarie azioni e prese di posizione e coscienza da parte degli Istituti di Vigilanza, si deve accompagnare una forte e pregnante CONSAPEVOLEZZA da parte dei singoli operatori. Il benessere lavorativo è raggiungibile anche e soprattutto attraverso la consapevolezza dell’importanza e del valore del proprio ruolo, del sentirsi parte attiva e fondamentale di un processo che ha rilevanza pubblica, a maggior ragione oggigiorno in cui è forte la percezione di insicurezza da parte di imprese e cittadini e l’esposizione a condotte criminose.
Per questo è fondamentale affrancare la funzione da una visione retrograda di “vigilantes” e innalzarla, come da intenzione delle vigenti norme, a quella di professionisti al fianco di Istituzioni e cittadini nell’attuazione del concetto di SICUREZZA PARTECIPATA e CONDIVISA.
I primi che debbono affrancarsi dalla succitata condizione, sono proprio gli operatori stessi, mediante un processo di auto-consapevolizzazione, seguiti dalla parte datoriale che deve attuare strategie di gestione volte al benessere organizzativo del personale e alla fidelizzazione dello stesso, a sviluppare una cultura identitaria e un senso di appartenenza forte e motivato, facendo leva su sani principi, già peraltro condivisi da molti operatori, quali senso delle Istituzioni e dello Stato, del dovere, della dedizione al Paese e al proprio territorio, del valore della sicurezza quale bisogno fondamentale dell’essere umano nella società odierna.
A tutto ciò, deve necessariamente fare seguito un riconoscimento formale e sostanziale da parte delle pubbliche Autorità e il coinvolgimento attivo degli Istituti di Vigilanza nelle attività di prevenzione crimine e condotte antigiuridiche.
Occorre perciò oggi fare una scelta di campo e fermarsi a riflettere sulle cause del perché oggi si è arrivati ad avere scarsità di addetti, a fronte di una richiesta lavorativa sempre più crescente.
Gli Istituti di Vigilanza debbono, come fanno altre aziende, colmare il gap del Contratto Collettivo nazionale, non certo al passo con i tempi e men che meno premiante, inserendo nel rapporto lavorativo incentivi e welfare aziendale che tendano a fidelizzare i propri dipendenti, ricordando loro che sono i PRIMI CLIENTI dell’azienda, investendo in SELEZIONE e FORMAZIONE, anche per il tramite di soggetti terzi esperti di security management e attività operative, creando le giuste condizioni di innesco, per riportare nuovamente in auge una figura molto importante e molto richiesta, a tutto vantaggio degli interessati e degli stessi Istituti di Vigilanza.
Il cambio di passo è auspicabile e possibile, occorre che tutti gli addetti ai lavori forniscano il loro contributo, per dare seguito ad un cambiamento epocale, incentivante e necessario per affrontare le sfide presenti e quelle future.
Buona riflessione e BUON LAVORO…














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