Il potere della comunicazione nella negoziazione operativa (di Lopez Barbara)
- squadsmpd

- 19 ott
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La negoziazione è una forma di comunicazione che richiede competenze strategiche ben precise, utili nella gestione di un conflitto o nella gestione delle relazioni personali. Spesso le persone improvvisano, convinti che istinto, talento ed esperienza possano bastare, ma non è così. Per negoziare in modo efficace c’è bisogno di un metodo che può essere appreso ma non improvvisato. Il più delle volte le parti hanno interessi non coincidenti e solo attraverso la cooperazione si può raggiungere un accordo e creare una relazione di interdipendenza. Vi è la necessità di imparare a dialogare individuando interessi contrapposti in modo da poter effettuare uno scambio di risorse e generare un risultato vantaggioso per entrambe le parti e per definire lo spazio negoziale è necessario individuare il punto di resistenza di ognuno, ovvero lo spazio minimo di utilità che le parti vogliono ricavare dall’accordo; sotto il punto di resistenza l’accordo non è conveniente, sopra il punto di resistenza sono possibili più soluzioni con diversi gradi di utilità. È importante acquisire tutte le informazioni disponibili rispetto alla controparte negoziale e cercare delle alternative; infatti, proprio l’assenza di valide alternative indebolisce il potere negoziale. Sotto un profilo strettamente operativo la negoziazione è finalizzata a salvare vite umane, pertanto è di fondamentale importanza concentrarsi sugli interessi reali e non sulle posizioni, poiché il problema principale riguarda i bisogni di ciascuna delle parti e non le posizioni contrapposte. Il termine OPERATIVO individua una situazione di crisi nella quale esistono variabili ad alto rischio che di volta in volta devono essere individuate per contrastare uno stato d’animo altamente emotivo e capire se c’è uno spazio di trattativa nel quale il negoziatore addestrato può inserirsi. Tutto il negoziato si basa sulla comunicazione fra due parti che hanno la volontà di raggiungere un risultato comune; il problema sorge quando il negoziatore è più proiettato a sostenere lo scontro con il suo interlocutore, cercando una vittoria immediata che non produrrà effetti duraturi.

Questo perché il “tempo” è una componente essenziale, se si ha il bisogno di risolvere il problema in tempi brevi si ridurrà l’autorità negoziale; sappiamo bene che una corretta gestione del tempo implica un dialogo costruttivo ed ordinato e il tempo costituisce una variabile strategica nella gestione di una trattativa e la capacità di pianificare con cura le modalità con cui gestire i rapporti può costituire la premessa per il successo nella contrattazione.
Tutto questo finisce per giocare un ruolo fondamentale nella capacità di persuasione del negoziatore, poiché è bene sottolineare che se in una trattativa comune il margine d’errore può comprendere spazi di tolleranza, nel negoziato operativo il margine d’errore deve essere nullo o minimo perché sono in gioco le vite degli ostaggi, ma per quanto il coinvolgimento emotivo giochi un ruolo rilevante sull’andamento del negoziato, trattare per qualcosa che non ci coinvolge direttamente ci consente una maggiore capacità di azione. Sono diverse le figure che solitamente intervengono per portare avanti le trattative: un negoziatore principale, uno secondario, un team leader e un coordinatore, ma il compito più arduo spetta al negoziatore principale. Per lui si tratta di dare inizio ad una delicata partita fatta di mosse e contromosse, giocata quasi sempre sul filo delle proprie abilità comunicative, in modo da poter bilanciare negazioni e concessioni. Di fatto, il negoziatore è un comunicatore, senza la comunicazione non può esserci negoziazione e l’uso di uno stile comunicativo differenziato servirà ad incoraggiare la collaborazione dell’interlocutore e a rimanere aperto nella conversazione, questo perché anche se comunicare ci sembra la cosa più naturale al mondo, ha le sue regole.

Quando si interagisce qualsiasi comportamento diventa comunicazione in quanto portatore di un messaggio, compresi i silenzi. Comunicare non è il semplice invio di un messaggio, ma comprende l’elaborazione di esso e la tattica di base è l’ascolto, in virtù del fatto che prima di cercare di risolvere un problema bisogna capire qual è il problema e il modo migliore per farlo è ascoltare; ascoltando si raccolgono numerose informazioni al fine di identificare ed eliminare la minaccia rappresentata dal soggetto, perché di fatto conoscere le tecniche comunicative serve per evitare di esserne vittima. Attraverso l’ascolto si crea un dialogo che serve a creare empatia e questo consentirà di iniziare una trattativa il più possibile efficace per identificare il problema, trovare una soluzione, misurare il rischio e sviluppare strategie per gestirlo, attraverso un processo decisionale cognitivo ed emozionale che sia in grado di determinare la selezione di una linea d’azione tra diverse alternative e produrre una scelta finale. L’80% del successo di una negoziazione dipende dalla sua pianificazione sapendo già che alla fine non deve esserci un unico vincitore perché tutte le parti in causa devono lasciare il tavolo delle trattative con la convinzione di aver conseguito un risultato positivo e perché ciò accada servono molteplici strategie per permettere al negoziatore una certa flessibilità sulla negoziazione, ma prendere decisioni richiede una valutazione complessiva e spesso decidere significa ragionare in condizioni di incertezza, per questa ragione il negoziatore deve essere una persona diversa da chi ha il potere decisionale per consentire un raggio d’azione più ampio e ridurre la distanza tra le parti creando una connessione.

È ormai consolidato che la relazione tra le parti in gioco nel corso di una negoziazione segue regole non casuali ma evidenzia sempre una sequenza costruita dall’interazione dei soggetti che negoziano e dalle rispettive influenze, pertanto il negoziatore addestrato può incidere pesantemente su tali dinamiche e quindi sull’esito dell’evento e capire come comunicare e soprattutto quanto comunicare può fare la differenza, perché l’eccesso di comunicazione spesso deriva dal non avere ben chiaro cosa comunicare o di non conoscere la finalità dell’informazione che si sta trasmettendo. Tuttavia, la precarietà degli equilibri, l’insieme delle variabili e il dinamismo nello scambio delle informazioni esige che al tavolo del negoziato non siano coinvolti esclusivamente l’intuito e l’esperienza, ma occorre preparazione e studio della strategia da attuare, proprio perché nelle situazioni di crisi una delle variabili più delicate è rappresentata dagli ostaggi e sul piano delle trattative un ostaggio non sarà mai uguale ad un altro. Pur sapendo che la negoziazione presuppone un percorso di formazione specifico, indispensabile per capire la portata dello strumento e la sua capacità adattiva ai diversi contesti, rimane un processo complicato e incerto e riuscire ad identificare eventuali aperture spostando il focus attentivo è una buona strada di apertura al dialogo. In realtà nessuna delle parti si fida dell’altra, ma entrambe devono credere nella mediazione che stanno realizzando e solo attraverso un flusso costante di informazioni è possibile ottenere una corretta percezione e questo può essere raggiunto solo con un processo aperto di comunicazione per non generare una percezione distorta di ciò che realmente può accadere che rischierebbe di far regredire il quadro d’insieme. Un evento segnato da una presa di ostaggi è una delle circostanze di crisi più contorte che un negoziatore possa affrontare perché è molto difficile prevedere lo sviluppo futuro e le strategie di negoziazione devono attingere a molte discipline per spiegare la complessità del processo, soprattutto in considerazione del fatto che valutare l’efficacia di una negoziazione è sempre difficile perché in fondo si negozia per vincere e per farlo serve identificare un chiaro obiettivo d’ingresso e un perfetto punto d’uscita.

Criminologa e Analista Intelligence Referente SQUAD












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